Partigiani Messina e provincia

mimmo trapani

Mimmo Trapani. Messina 1923-1016. Arruolato nel battaglione San Marco, come guastatore, nel 1943, appena 20enne, a Paola, viene catturato dai tedeschi. Mentre viene condotto in treno verso la Germania, riesce a saltare giù.
“Ero un marinaio della San Marco e mi trovavo a Pola assieme a un migliaio di militari. L’8 settembre del 1943 feci la scelta che reputavo più consona: combattere i fascisti che ci avevano portati alla rovina. Dopo la nascita della Repubblica Sociale – puntualizza Mimmo Trapani – era stato approvato un proclama: presentarsi per combattere con i Tedeschi; non c’era alternativa: o con i tedeschi o contro. Ed io fui contro. Il re era scappato e con lui l’intero apparato militare: rimanemmo senza saper cosa fare. Arrivarono sei tedeschi dicendo che ci avrebbero portati a Modena, ma una volta sul treno mi accorsi che, invece, andava verso il Brennero, verso i campi di concentramento. Mi buttai dal treno e mi diedi alla macchia.”
Caricato su un treno con altri prigionieri, raggiunge Venezia, con la promessa che a Modena verrà liberato. Ma l’itinerario non viene rispettato e si va verso la Germania: «Poco prima della stazione di Udine, io e il mio amico Giovanni, un ragazzo di Linguaglossa col quale ancora oggi siamo in contatto, ci buttammo giù, raggiungendo Santa Niaria Lestizza. Lì fummo accolti benissimo. Io però non sapevo zappare e mi trovavo a disagio. Così il parroco mi incaricò di fare il doposcuola ai ragazzini. Fin quando una sera mi mise in contatto con un ufficiale degli alpini che mi propose di arruolarmi nella Resistenza. Gli serviva proprio un esperto in esplosivi». Inizia così la sua nuova vita nella Resistenza, periodo in cui la sua esperienza nel settore degli esplosivi risulta molto utile. Trapani viene spedito a Milano, dove vive un suo cugino: «Ero con I badogliani, ma non per scelta. Ognuno andava dove gli capitava. La mia è stata una vita avventurosa».
Sebbene perfettamente mimetizzato in mezzo alla popolazione civile, con dei documenti di identità che dicono sia nato nel 1927, anziché nel ’23, viene tradito da una foto scattatagli mentre fa volantinaggio antifascista. “Fui arrestato a Milano nel marzo del 1944 per la diffusione di volantini che incitavano gli operai allo sciopero contro i tedeschi a seguito dell’eliminazione dei macchinari utili nelle fabbriche. ”Dopo avermi arrestato mi chiesero di fare i nomi dei miei capi. Ma non li conoscevo. Allora iniziarono con le botte. E poi con la tortura. Le domande mele faceva un tedesco ma a torturarmi era un italiano”. “Trapani”: il nome di una città, la tipologia di cognome più diffusa tra gli ebrei; una sola parola per far scattare l’angusta decisione: “Tu sei ebreo: portatelo nei campi di concentramento” .
“Fui portato nei campi di concentramento: mi denudarono, mi tagliarono i capelli: non ero più un uomo, non avevo più la mia personalità, la mia dignità. Ero un verme da schiacciare. Donne, uomini, bambini, anziani, tutti nudi ammassati in un piccolo corridoio come animali. Ci portarono in una stanza per la doccia e la visita medica”. Ed è lì che arrivò l’altra sentenza. “Tu non sei circonciso, quindi non sei ebreo”. Anziché la stella di David arrivò il triangolo rosso dei prigionieri politici. E da lì giunse al San Vittore per la selezione: rinchiuso con una dozzina di uomini in una stanza di quattro metri per cinque, con muschio alle pareti, in attesa degli interrogatori; né letti, né cibo attorno a lui, ma solo una coperta ed un secchio per gli escrementi. “Usavano un metodo speciale per l’interrogatorio: ci facevano sdraiare nudi a pancia in giù su due sedie e ci colpivano alla pianta del piede con delle verghe bagnate nell’acqua e sale. Immaginate il dolore e il bruciore. Si finiva con il parlare, ma io non sapevo nulla”.
“Non eravamo degli uomini ma solo vermi da schiacciare”.
Con lui, in prigionia, ha un compagno importante: Corrado Bonfantini, uno dei capi della Resistenza, comandante delle Brigate Matteotti. Durante un’azione per liberare Corrado Bonfantini anche Mimmo Trapani riesce a scappare. È il 1944.Viene condotto in casa dell’avvocato Vittorio Craxi, padre di Bettino e vi resta nascosto quasi un mese. È qui che conosce Pertini. Un rapporto destinato a durare nel tempo. «Sono stato molto legato a lui – ha raccontato Trapani -. Quando venne a Messina a consegnare le medaglie al valore militare, da presidente della Repubblica, mi disse: “Quanto ti sei fatto vecchio…”».
«Poi mi vestirono da pompiere emi portarono a Domodossola, dove ho fatto un po’di tutto. Resistemmo quasi 40 giorni, poi entrarono in scena i carri armati, i mortai… quante persone morirono… anche I fratelli Di Dio (Alfredo e Antonio), che erano nella mia brigata». Mimmo Trapani riesce a sopravvivere e a raggiungere la Svizzera: «Rientrammo in Italia passando per il lago di Como e organizzammo il 25 aprile. E finalmente arrivò la libertà».
Tornato in Italia, il partigiano messinese contribuisce alla liberazione di Milano, il 25 aprile 1945: “fu il giorno migliore”.
Conclusa la guerra, torna in Sicilia dove al suo lavoro come apprezzato cuoco pasticcere, accompagna l’impegno politico, nonostante un grande sconforto per come è diventata l’Italia. “Sono distrutto – confessava prima di salire sul palco il 25 aprile del 2015 – abbiamo provato una forte delusione, soprattutto dopo l’arrivo del maggioritario”.
I compagni socialisti lo ricordano come una figura dalla coerenza adamantina, che concordava con i giovani compagni su come la lotta alla mafia dei pascoli e del latifondo abbia rappresentato la continuazione in Sicilia di quella Resistenza in cui egli aveva militato nel Nord Italia.
In una storica foto degli anni’70 viene ritratto proprio accanto a Pertini, davanti al Duomo di Messina (foto pubblicata sui giornali dell’epoca, ma di cui non resta traccia digitale).
Era salito sul palco per l’ultima volta alla festa della Liberazione del 2015.

b

Amerigo Zavan. Treviso 10-11-1919/Messina 12-9-2007 (Uff. di complemento Artiglieria Sabaudia, partigiano Brigata Garibaldi, capo gruppo ricognitori del Servizio I. M. del Comando Militare del CLN della provincia di Treviso).

Il ten. Galliano Boccaletto, responsabile del Servizio Informazioni del CLN di Treviso e in contatto con il S.I.M. (Servizio informazioni militare) del Regno del Sud, medaglia d’argento al valor militare, elogia le sue staffette e i suoi ricognitori: Pietro Galante, responsabile dei collegamenti; Clementina Basso, Sandro Sartorello, Giuseppina Crosato e Gianni Zambelli (staffette); Amerigo Zavan capogruppo, Mario Dichiara e Sante Bovo ricognitori.

“E’ doveroso segnalare l’ottimo servizio svolto per lunghi mesi con grande senso di abnegazione e disciplina dalle staffette del S.I.M. Il loro sforzo, prodigato in silenzio giorno per giorno, permise all’organizzazione del servizio di mantenersi efficiente e proficua anche tra l’imperversare di rastrellamenti e persecuzioni. Non meno encomiabili, per grande spirito di sacrificio e volontà, sono gli elementi ricognitori del nostro servizio, ragazzi instancabili che hanno percorso senza formulare mai la minima obbiezione centinaia di chilometri in bicicletta, molto spesso sotto la pioggia invernale, per raggiungere le zone da perlustrare e rilevare quanto era loro ordinato. Spesso accadde che, superando le zone militari e interdette ai civili, fossero catturati e perquisiti centimetro per centimetro, con grandissimo rischio, dato che, quasi sempre

tenevano con loro schizzi, piante e note relative allo spionaggio. Segnaliamo quindi gli elementi che meglio si distinsero nei suaccennati servizi.

Propongo pertanto che ai suaccennati patrioti venga dato per iscritto il ben meritato elogio. Il responsabile del servizio

F/to Boccaletto Galliano

(Relazione di Boccaletto al Comando Militare Regionale Veneto del Corpo Volontari della Libertà, datata 15 maggio 1945, presente in Biblioteca Digitale Lombardia)

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Gurrieri Maria (partigiana Lucia) nata a Gambara (Brescia) il 7 febbraio 1922. Muore a Messina 22 ottobre 2004
Sono venuta a contatto con le Fiamme Verdi nell’estate del 1944 e subito ho iniziato il lavoro di informazioni e collegamento per la Bassa Bresciana e i vicini paesi del Mantovano e del Cremonese. Stabilire in quali paesi vi erano gruppi di cospiratori e suscitarli là ove non erano fu il primo compito. Fino al febbraio, epoca in cui dovetti scappare a Milano, trasportai armi, stampa per oltre una decina di paesi, ordini e informazioni dalla città alla provincia e viceversa. Nell’ottobre fui inviata a stabilirmi in città per servire su più larga scala. Una sera con Severina Guerrini (Olga) e Renato Marchini ci recammo alla villa del Prof. Coccoli, dove, pochi giorni prima avevano arrestato la Prof. Coccoli, la domestica e Luigi di Esine, i quali dalle carceri avevano fatto sapere che nascosta nei forati della soffitta, c’era molta roba compromettente. Infatti recatici sul posto quando fu buio, muovendoci con molta circospezione nel timore che la villa fosse ancora piantonata, trovammo ingrandimenti fotografici di carte topografiche delle valli con segnate postazioni e basi nemiche e nostre, inoltre elenchi di Patrioti e documenti vari.
Altro episodio: In una sera di folta nebbia con la Guerrini andai a Porta Trento da una compagna di lavoro a ritirare un grosso pacco di munizioni. All’altezza di via Pusterla ci fu imposto l’alt da alcuni militi della repubblica. Approfittando del buio e della nebbia ci demmo a corsa pazza finché non udimmo più i passi dei nostri inseguitori. Con stratagemmi vari ottenni preziose informazioni da “amici” della Questura e da tedeschi. Ero in contatto con due agenti dell’Intelligence Service a cui passai informazioni militari e schizzi topografici di posizioni, ponti, ferrovie. Nel medesimo tempo visitai personalmente una ventina circa di paesi del Bresciano venendo a contatto con un gruppo di donne onde formare una organizzazione patriottica e politica femminile. A questi gruppi dispensavo i numeri del nostro giornale “5D” (Difesa dei diritti della donna).
Nel febbraio 1945 la casa in cui ero ospitata, in seguito a tradimento, fu denunciata e dovemmo scappare, Mi rifugiai a Milano ove presi contatto subito con le Fiamme
Verdi e lavorai a fianco dei capi stabilendo collegamenti con Bergamo, Lecco, ecc. (Una ventina circa di viaggi) I trasporti di stampa, documenti, ecc. erano all’ordine del giorno; in proporzione le avventure. In aprile ebbi una perquisizione a Gambara; trovarono poco e di quel poco svisarono valore e significato. Minacciarono di prelevare mio padre al posto mio: si salvò grazie alla conoscenza di Antoci allora Ispettore di Polizia. A Milano in seguito ad una denuncia rimasi un mese senza dimora fissa; fui seguita e pedinata ma dalle case da cui fui costretta a fuggire, anche improvvisamente riuscii sempre, tornandoci a portar via ogni cosa, magari sotto il naso dei piantoni. Il 13 aprile dopo una settimana più che mai burrascosa fui fermata in piazza Cordusio da uno della polizia che da tempo mi pedinava ed a cui avevo sempre fatto perdere le tracce, cosa che l’aveva reso furibondo perché non era riuscito a scoprire per mezzo mio nessun recapito. Menai, come si suol dire, il can per l’aia per più di mezzora ed infine riuscii a sfuggirgli. Gli amici non vollero mi fermassi oltre a Milano e mi mandarono in Brianza, si là passai a Pusiano come bambinaia. L’insurrezione mi trovò a Pusiano. Naturalmente vi presi parte, la prima mattina si presentò la necessità di stabilire il collegamento con Erba. Mi offersi di provvedere alla cosa. Sul Ponte della Malpensata (all’inizio di Erba) i tedeschi, respinti i Partigiani, bloccavano la via, ma l’ordine era di passare e passai: i tedeschi, nel tentativo di impedirmelo mi sfiorarono con parecchi colpi di moschetto. Aiutai a disarmare alcuni tedeschi dopo che ne avevamo fermati i camion ecc. il 30 aprile, potei rientrare finalmente a Milano e di là raggiungere Gambara dove mi nominarono Presidente del C.L.N. in seno al quale rappresento il Partito della Democrazia Cristiana.
In fede
Gurrieri Maria (Lucia)