L’impegno, la memoria, la lotta: Claudia, giovane ”partigiana”

Alberto Castiglione 25 Ottobre 2023

“Vivo, sono partigiano.” scriveva Antonio Gramsci l’11 febbraio 1917, più di cent’anni fa, e in questo imprescindibile sillogismo, essere vivo e partecipare, parteggiare nella vita, sta il primo seme della futura Resistenza. Ed è in questa accezione che Claudia Cammarata, 33 anni, di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, da Presidente provinciale dell’ANPI, concepisce e porta avanti il proprio impegno e coltiva la memoria. L’ANPI è l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ed, con i suoi oltre 140.000 iscritti, è tra le più grandi associazioni combattentistiche presenti e attive oggi nel Paese. Fu costituita il 6 giugno 1944, a Roma, dal CLN del Centro Italia, mentre il Nord era ancora sotto l’occupazione nazifascista. Il 5 aprile del 1945, con il decreto luogotenenziale n. 224, le veniva conferita la qualifica di Ente morale che la dotava di personalità giuridica, promuovendola di fatto come associazione ufficiale dei partigiani.

Claudia, cosa significa per te l’impegno in ANPI?
Significa portare avanti quei valori in difesa della Costituzione, in difesa della pace, dei diritti. Non è sicuramente “uscire allo scoperto” solo il 25 aprile. Significa lavorare tutto l’anno per costruire una società basata sulla memoria ma con una prospettiva verso il futuro: un futuro non può costruirsi se non si tiene a mente quello che è stato il passato e si può solo costruire su quei valori costituzionali figli della Liberazione.

Quali sono le radici di questo tuo impegno?
Ho iniziato molto giovane grazie ad un ambiente familiare che mi ha educata al rispetto di certi valori. I miei genitori mi hanno indirizzata, da questo punto di vista, all’accoglimento dei valori della Costituzione e della difesa dei diritti. Devo ricordare anche, rispetto alla mia formazione politica, anche un’altra persona, molto speciale, Riccarda Martelli, donna originaria di Massa Carrara che per motivi familiari si era trasferita a San Cataldo e che fu la prima a farmi capire come l’ANPI potesse essere un impegno possibile anche dalle nostre parti: le devo molto, moltissimo. Provengo quindi, e mi formo, in un’ambiente di sinistra ma ritengo che i valori della Costituzione italiana siano valori che appartengono a tutti gli italiani, a prescindere dalla appartenenza politica, almeno così dovrebbe essere.

Pensi che oggi la Costituzione venga rispettata sempre nelle scelte politiche dei Governi?
La nostra Costituzione è stata scritta con una importante proiezione verso il futuro e rappresenta un programma politico che si adatta, tecnicamente, a tutte le stagioni e a tutti i tempi. Purtroppo non sempre trova piena attuazione: a volte, in alcuni momenti storici, ha sicuramente rappresentato un argine ai tentativi di mettere in discussione dei principi fondanti della nostra democrazia.

In Italia si fa un uso strumentale, a volte, della Costituzione?
Io penso che non sia un male richiamarsi sempre ad essa: finché si parla di Costituzione, la si tira in ballo (passami il termine) per attuarne principi e valori, questo è un bene. E occorre chiaramente difenderla perché non restino parole vuote. La Costituzione va attuata, rispettata e voluta bene. Non è solo al testo costituzionale che dobbiamo voler bene, ma anche, e soprattutto, alla storia che c’è dietro la Costituzione, al modo in cui gli italiani l’hanno conquistata. Questo è un passaggio di fondamentale importanza: non è solo quel testo costituzionale che ci è stato donato dalle madri e padri costituenti, ma è l’esperienza di una Italia che veniva da una guerra mondiale, da una guerra di liberazione e da una dittatura. Conoscere questi momenti storici è dunque fondamentale per capire quali sono veramente i principi e quali sono gli obiettivi della Costituzione.


cammarata claudia int

Quanto è attuale?
E’ attualissima la nostra Costituzione, incredibilmente attuale.

E questo perché? Perché i padri costituenti ebbero la capacità di proiettarsi nel futuro o perché le cose che sono scritte e sancite dalla Costituzione sono inviolabili in qualche modo, quindi attraversano il tempo?
Penso entrambe le cose. Credo che i padri e le madri costituzionali avevano ben chiaro che cosa non si voleva più per questo Paese, perché c’erano passati, perché molti di loro avevano anche combattuto la guerra di liberazione. Politicamente avevano ben chiaro cosa non volevano più per questo Paese e quali potevano essere le derive. Il fascismo non sarebbe (come non è) mai morto, e loro questo lo sapevano benissimo, lo avevano previsto. Quando qualcuno dice che la Costituzione però non parla di antifascismo dice cose non vere perché tra le disposizioni transitorie e finali il riferimento chiaro ed esplicito c’è, esiste. Oggi sono, purtroppo, tante le associazioni e i movimenti neofascisti. In questo senso la Costituzione non trova piena attuazione in quelle che sono, appunto, le disposizioni transitorie e finali.

Tu vai molto nelle scuole, hai un impegno, da questo punto di vista, rivolto ai tuoi coetanei e a tutti i giovani.
Innanzitutto ci tengo a precisare una cosa. L’ANPI non ha una giovanile come succede in molti partiti e associazioni e questa è una cosa a cui anche noi giovani dell’ANPI teniamo tantissimo. Il fatto che ci sia intergenerazionalità e che ci sia un dialogo tra diverse generazioni è fondamentale. Le sezioni giovanili rischiano spesso di diventare autoreferenziali e perdere così un lavoro prezioso che può nascere solo dal confronto con le generazioni che ci hanno preceduto. Credo che anche imparare a scontrarsi in maniera educata, rispettosa ma decisa, sia un’enorme palestra per i giovani, di vita e di impegno politico. Quindi questa è una cosa su cui noi giovani dell’ANPI, e parlo anche a livello nazionale, facendo parte di questo gruppo di lavoro nazionale, ci siamo domandati, cioè se non fosse il caso di cercare di avvicinare i giovani attraverso delle strutture giovanili. Ma è una idea che abbiamo abbandonato perché, come dicevo, la nostra ricchezza e la nostra più grande risorsa è appunto l’intergenerazionalità. Rivolgersi ai giovani nelle scuole è necessario perché l’ANPI ha aperto alle iscrizioni dei non partigiani solo nel 2006 quindi per tanti anni si è perso qualcosa. Oggi far conoscere ai giovani l’ANPI non è semplice. Far conoscere i valori della Resistenza non è semplice perché ormai le nuove generazioni considerano quegli avvenimenti storici quasi alla stregua delle guerre puniche, quindi non sentono più quella storia vicina. E noi cerchiamo di avvicinare i giovani attraverso il lavoro che facciamo nelle scuole, parlando loro dei ragazzi che erano del nostro territorio, che erano nostri concittadini e che hanno fatto la Resistenza, cercando in questo modo di avvicinarli a quell’esperienza. C’è da dire che in Sicilia la questione è un po’ complessa, e complessa è la memoria, poiché qua da noi chiaramente abbiamo avuto una storia diversa rispetto al nord d’Italia per esempio: in Sicilia non abbiamo avuto la guerra di resistenza locale quindi la storia che si è tramandata è una storia diversa. Molti partigiani che tornavano, che avevano fatto la guerra di liberazione, per tanti anni non hanno parlato a volte non hanno parlato mai completamente. É faticoso dunque, e occorre trovare la giusta strategia per una narrazione che sia coinvolgente e soprattutto rispettosa dei valori in cui tantissime giovani italiane e italiani hanno creduto e in cui, ancora oggi, credono.

Fonte: https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/254-focus/97756-l-impegno-la-memoria-la-lotta-claudia-giovane-partigiana.html

Riesi ricorda i 100 anni della morte per mano della mafia del Maresciallo dei Carabinieri, Biagio Pistone.

Nei giorni scorsi, Riesi ha celebrato il Centenario della Morte del Maresciallo dei Carabinieri, Biagio Pistone ucciso dalla mafia di Canicattì con una conferenza organizzata dall’ANPI di Riesi sezione Gaetano Butera guidata da Giuseppe Calascibetta, del Comitato Provinciale ANPI Caltanissetta guidata da Giuseppe Cammarata e dall’Istituto Carlo Maria Carafa guidato dal dirigente scolastica, Adriana Quattrocchi, con il patrocinio del Comune di Riesi.

Un’intenza mattinata all’insegna della legalità e della memoria storica di chi ha sacrificato la propria vita per il senso del dovere. A questa manifestazione ha preso parte il Tenente Colonello Marco Montemagno, Comandante dell’Arma di Carabinieri del Reparto territoriale di Gela che ha analizzato il periodo storico degli anni 20 e 30 del secolo scorso in cui ha vissuto Biagio Pistone che in qualità di Maresciallo dei Carabinieri Agrigento lottava contro il fenomeno del banditismo, come forma primitiva della mafia attuale. Un fenomeno che ha preso parte proprio al centro della Sicilia, caratterizzata da un’economia fondata sull’agricoltura e sullo sfruttamento delle miniere e dei lavoratori.

 Poi si è soffermato sul gesto eroico compiuto da Biagio Pistone, il 13 novembre 1923, che nonostante non era in servizio a Canicatti, si pose all’inseguimento di un malfattore che da tempo era ricercato dalle forze dell’ordine. Finalmente lo raggiunse, ma il malvivente estrasse di tasca una rivoltella e sparò alcuni colpi verso il maresciallo, colpendolo al torace. Pur mortalmente ferito, il sottufficiale ingaggiò una colluttazione con il ricercato e lo bloccò fino a quando non sopraggiunsero i rinforzi, consentendone così l’arresto. Quando lo ebbe consegnato ai colleghi, cessò di vivere, soddisfatto per aver compiuto il proprio dovere. Il 26 marzo 1925 ottenne il riconoscimento della Medaglia d’argento alla memoria con la firma del Ministro Benito Mussolini.

Il secondo intervento è stato quello del Prof Vittorio Avveduto, referente regione dell’Associazione Libera contro le mafie, evidenziando l’importanza del valore della cultura nelle nuove generazioni necessaria a togliere spazio alla mafia siciliana. Infatti ha affermato: “un mafioso ha più paura della penna di uno studente che pensa, piuttosto che la pistola di un componente delle forze dell’ordine.  La mafia si può sconfiggere partendo dalla cultura: eliminando l’indifferenza verso la politica, l’economia, l’imprenditorialità. La mafia di oggi è camaleontica, agisce in tutti gli spazi che gli vengono lasciati liberi, anche all’interno dell’antimafia”.

L’incontro è proseguito con la testimonianza di Giovanni Pistone nipote di Biagio Pistone, raccontando che dopo la morte del maresciallo, sua nonna si è rivolta ai carabinieri per essere aiutata economicamente per mantenere i propri figli; e sull’importanza e sul valore di Biagio Pistone come esempio da seguire nelle loro scelte di vita.

L’evento è continuato con i saluti dell’assessore del Comune di Riesi, Peppe Ievolella che ha affermato: “la commemorazione di Biagio Pistone è un’occasione di confronto e d’approfondimento, che consente di soffermarsi e riflettere riguardo l’importantissimo tema sociale della lotta e del contrasto all’attività mafiosa nel territorio, e al diffondersi di una maggiore e consapevole cultura rivolta all’antimafia nei confronti della nostra comunità”.

Sono seguite i saluti del Presidente del Comitato Provinciale di Caltanissetta Giuseppe Cammarata che ha regalato all’istituto superiore una copia della Costituzione Italiana. La manifestazione è proseguita con alcune domande sulla legalità e sulla lotta alla mafia nel territorio nisseno; con un omaggio da parte della scuola di un ritratto di Biagio Pistone alla famiglia. Sono seguiti i saluti da parte della Preside Adriana Quattrocchi, del prof Carmen Sessa e della Prof Rosaria Carbone che hanno ringraziato le istituzioni e le forze politiche corse per questa importante occasione per il comune di Riesi.

LA RELAZIONE ANTIMAFIA DEL 1976. Miniere, gli affari degli Arnone di Serradifalco e dei Di Cristina di Riesi

ASSOCIAZIONE COSA VOSTRA
07 marzo 2022 • 19:00


L’attività della mafia nella provincia di Caltanissetta non si è limitata al settore agricolo ma ha investito praticamente tutti i settori dell’economia della provincia. A Serradifalco, ad esempio la società Montecatini per i trasporti del minerale ha dato l’appalto dei trasporti stessi all’ex manovale muratore Vincenzo Arnone, mafioso, compare di Giuseppe Genco Russo

Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla relazione antimafia del 1976 scritta da Pio La Torre e dal giudice Cesare Terranova. Un documento che a circa cinquant’anni di distanza rimane ancora attuale.

L’attività della mafia nella provincia di Caltanissetta non si è limitata al settore agricolo ma ha investito praticamente tutti i settori dell’economia della provincia. Vediamo alcuni aspetti indicativi.

Nel settore minerario giusta è risultata la lotta dei lavoratori che per lunghi anni si erano battuti per l’istituzione dell’azienda zolfi, per le nuove ricerche minerarie, che poi dovevano portare alla scoperta dei sali potassici, del petrolio e del metano, come grave è risultata la responsabilità di quei governi regionali, i quali, sistematicamente si opposero, spalleggiati dai monopoli privati, a tutte le iniziative prese dalle forze democratiche.

Scartata la via precedentemente prescelta per risolvere il problema minerario siciliano, la classe dirigente ripiegò, sotto la spinta del movimento popolare, su una politica di sostegno del settore zolfifero.

Tuttavia, la sua azione fu tale da lasciare intatta la posizione degli industriali parassitari, favorendo al tempo stesso le mire della Montecatini e di altri gruppi italiani e stranieri che già si apprestano alla realizzazione dei loro programmi di sfruttamento delle risorse minerarie siciliane e che erano stati nemici dichiarati delle stesse misure di sostegno.

Con la legge di riordinamento del 1959 si ha il primo serio tentativo di risanamento dell’industria zolfifera. Tale legge affidava agli industriali compiti importanti, decisivi per la salvezza e la prospettiva stessa dell’industria.

Ma gli industriali zolfiferi dimostrarono ancora una volta la loro vera vocazione ed invece di utilizzare quella legge per portare avanti le opere di ammodernamento delle miniere, si diedero alla ricerca di tutti i mezzi leciti e illeciti per prelevare fondi dalla Regione pur continuando la politica parassitarla di sempre.

[…] Le denunce presentate dai lavoratori contro le inadempienze ai piani di riorganizzazione, la lotta operaia nelle miniere e la presentazione del disegno di legge del gruppo comunista all’Assemblea regionale per la nomina dei commissari, hanno sottolineato la presa di posizione del movimento dei lavoratori contro gli industriali e contro il governo.

[…] La vivace e forte azione dei sindacati operai, la presenza di notevoli nuclei di lavoratori politicamente avanzati hanno attenuato di molto il fenomeno mafioso (prima massiccio) nelle miniere. Ciò non vuoi dire che esso sia scomparso del tutto.

A SERRADIFALCO GLI ARNONE
Miniera Bosco-Stincone – Serradifalco S. Cataldo. È gestita dalla società Montecatini anche uno dei più gran di complessi monopolistici italiani è stato costretto a soggiacere alle imposizioni della mafia. La società Montecatini per i trasporti del minerale (sali potassici) dalla miniera allo stabilimento chimico di Campofranco, di proprietà della stessa Montecatini, ha effettuato una gara di appalto dei trasporti stessi.

Concorrenti allo appalto sono stati: l’ex manovale muratore Arnone Vincenzo, mafioso, compare di Giuseppe Genco Russo e il sig. Poidomani Vincenzo di Mazzarino, II mafioso Arnone ha chiesto come compenso per il trasporto lire una e venti al chilogrammo, il sig. Poidomani chiedeva lire zero e ottanta. Ebbene, la Montecatini, contrariamente ai suoi interessi, ha concesso l’appalto del servizio all’Arnone.

Nel periodo in cui tale appalto è stato concesso, impiegato responsabile di questo settore nella miniera era Angelo Vinciguerra (fratello di Pietro) ora presidente della Associazioni Industriali di Caitanissetta. L’Arnone tuttora gestisce i trasporti per conto del la Montecatini anche se tale attività si è ridotta in seguito all’impianto di una teleferica che dalla miniera porta il minerale direttamente agli stabilimenti di Campofranco. Nella stessa miniera operano, sempre nel campo dei trasporti, altri mafiosi quali Corbino Salvatore e i fratelli Anzalone di S. Cataldo.

Miniera Trabonella (Caltanissetta). I trasporti dello zolfo sono gestiti dai noti mafiosi Racalmuto Francesco di Bolognetta che opera insieme a Pietro Anzalone e a Felice Angilello di Caltanissetta, e Mazzarisi Salvatore di Villalba che, a suo tempo, era al servizio di Calogero Vizzini.

II Mazzarisi si era trasferito a Caltanissetta per assumere l’affitto del feudo Trabonella (oggi gestito da Felice Angilello) ma ha spostato poi la sua attività dalla campagna al trasporto merci associandosi a certo Ardoselli Domenico di Misilmeri il quale funge da prestanome a tale Di Peri, nipote del noto capo mafia di Misilmeri Bolognetta. È da precisare che la maggior parte dei trasporti è effettuata per conto dell’E.Z.I. in quanto detto ente compra i concentrati di zolfo posto miniera.

A RIESI I DI CRISTINA
Miniera Trabia Tallarita (Sommatine, Riesi, soc. Valsalso). Nel periodo 1956-57 un gruppo di piccoli mafiosi notoriamente legato alla famiglia Di Cristina di Riesi, con la complicità di elementi della direzione della miniera, ha detenuto il monopolio delle assunzioni in miniera degli operai di Riesi e Sommatino.

Sulle assunzioni veniva imposta una taglia di lire 150 mila. L’ufficio di collocamento, non aveva come non ha tuttora, alcuna voce in capitolo in ordine alle assunzioni e non solo in miniera. Le autorità di polizia locale pur essendo certamente a conoscenza del modo come avvenivano le assunzioni non intervenivano.

Sono stati necessari alcuni comizi e parecchie pubbliche denuncie per fare decidere le au torità di polizia ad intervenirec Furono arrestate sette persone: Di Cristina Salvatore, parente dell’attuale sindaco di Riesi; Capostagno Filippo, segretario della lega minatori della Cisl; Laurina Giuseppe, membro della commissione interna iscritto alla Cisl, pregiudicato, più volte arrestato per delitti comuni; Rindone Gino, capo ufficio della miniera. Dopo la scarcerazione il Capostagno è stato riassunto in miniera ed è divenuto segretario provinciale dei minatori aderenti alla Cisl; il Lauria è stato riassunto; il Rindone è stato assunto da Pietro Vinciguerra nella miniera Lucia. Sempre nella miniera Trabia Tallarita i trasporti operai sono gestiti dai mafiosi Di Cristina, mentre i trasporti del materiale sono effettuati da una società diretta da tale Antonino Lo Grasso, detto “Scaluneddu” legato agli ambienti mafiosi. I Di Cristina, in contrasto con le leggi e i regolamenti, hanno attuato i trasporti operai su camion malsicuri anzicchè su autobus. Le autorità competenti non sono mai intervenuti.

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San Cataldo, Pastasciutta Antifascista 31 luglio

La tradizionale #pastasciuttaantifascista sta tornando!!
Qual è l’origine della pastasciutta che da 80 anni vede le antifasciste e gli antifascisti ritrovarsi in tutta Italia per condividere gli stessi valori?
Il 25 luglio 1943, in seguito alla destituzione durante una riunione del Gran Consiglio del Fascismo e all’arresto di Mussolini, ebbe fine il governo del partito fascista dopo 21 anni.
La guerra intanto continuava e le rivolte popolari non cessavano di essere represse nel sangue.
Quando la famiglia Cervi venne a conoscenza della caduta di Mussolini, nonostante la guerra non fosse terminata, decise comunque di festeggiare quel momento cruciale per il destino del Paese devastato da 21 anni di dittatura e da una guerra ancora in corso.
Prepararono chiĺi e chili di pasta, la caricarono su un carro e la portarono in piazza a Campegine per distribuirla alla gente del paese. Fu una grande festa: e cos’è un momento di gioia condivisa nel bel mezzo della devastazione della guerra se non un atto di resistenza?
Nella memoria della famiglia Cervi e della Resistenza vi aspettiamo il 31 luglio a San Cataldo per un momento di condivisione e di partecipazione attiva.
Non mancate

IL PARTIGIANO GASPARE PIAZZA DI SERRADIFALCO, COMPIE 102 ANNI.

Una bella pagina di memoria serradifalchese. Ieri, l’Anpi di Serradifalco e Montedoro “Leonardo Speziale” (“indomito combattente della libertà”, come scrive Salvatore Augello – presidente della sezione locale), ha fatto conoscere alla collettività la figura di un grande partigiano: Gaspare Piazza. Nel giorno, tra l’altro, del suo 102esimo compleanno. E gli hanno donato una targa. Lui, grato, ha ripetutamente ringraziato.

Ieri pomeriggio, con un leggero ritardo di mezz’ora rispetto all’orario programmato, c’è stato un grande evento culturale e civile. E una massiccia partecipazione, di pubblico ed emotiva. Una bella pagina di memoria serradifalchese. Con la presentazione del primo numero dei quaderni culturali dell’Anpi a cura di Carmelo Locurto.

La pubblicazione, oltre trenta pagine e con foto, si avvale anche dei contenuti del presidente Salvatore Augello. E ieri pomeriggio, presso il Centro di Promozione Cooperativo (il Comitato del Circolo è legato a Sicilbanca), c’è stata la voglia di conoscere e di capire.

Dopo l’intervento del presidente Augello, hanno parlato l’assessora comunale Rosa Insalaco, il presidente del Consiglio comunale di Serradifalco, Daniele Territo; Cettina Blando (Fondazione Sicana), Paolo Miraglia (Auser e Luse), Totò Vaccaro, genero del partigiano Piazza. Tra i relatori, gli stessi Augello e Locurto, nonché il presidente provinciale dell’Anpi, Giuseppe Cammarata. La Voce del Nisseno e Rcs Radio Sicilia c’erano e vi raccontiamo, dunque, i momenti salienti della lodevole iniziativa. Un inno alla memoria.

Storia di Turiddu – Partigiano Benemerito della Resistenza “vuol essere un contributo storico e di valori”, scrive Locurto. Descrive il valore di una scelta, quella di lottare contro il nazi-fascismo. Ci parla di Gaspare Piazza che rischiò di morire e di essere catturato. Ci parla del prezioso contributo che diede alla Resistenza e alla Liberazione in Piemonte (nome di battaglia Turiddu e compare nell’elenco dei partigiani meridionali che contribuirono alla liberazione in Piemonte). Viene tratteggiato il coraggio e l’abnegazione di questo “combattente e resistente”, come sottolinea Augello nell’introduzione.

Dichiara: abbiamo “lo scopo di lasciare indelebile traccia della memoria storica”. Annuncia che vi saranno altri progetti editoriali e “questa serie vogliamo iniziarla rendendo onore all’unico ancora vivente tra noi di quel tragico periodo”.

È stato trovato il certificato che qualifica Gaspare Piazza “Benemerito della Resistenza” rilasciato dal Ministero dell’Assistenza Post-Bellica Commissione Regionale Piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane. Piazza, al rientro in Sicilia, lavorò dapprima nei campi e poi in miniera. Ebbe tre figli. Di questo protagonista della Resistenza non si sapeva nulla, sino a poco tempo addietro. Ora, opportunamente, con questa pubblicazione e la presentazione di ieri pomeriggio, si dà il giusto valore al “giovane soldato siciliano”. Per lui aderire alla Resistenza fu “un autentico dovere morale” (gli venne assegnata la tessera n. 1746).

In Piemonte, il partigiano Gaspare Piazza diede il suo pregevole contributo alla causa della Resistenza. Fu riconosciuto partigiano dal 4 aprile 1945 al 7 giugno 1945. Un prezioso titolo d’onore. E dopo lo scrigno del silenzio, ora tutti sappiamo della sua incrollabile fede nei valori della Resistenza. E pertanto, gli è stata conferita la tessera di socio onorario della locale sezione dell’Anpi. Davvero una bella pagina di memoria serradifalchese.

DI MICHELE BRUCCHERI 

FONTE: https://www.lavocedelnisseno.it/una-bella-pagina-di-memoria-serradifalchese-ricordare-il-partigiano-gaspare-piazza/?fbclid=IwAR0fv9Y8qRuZS5yWvGWscaX-15eyMOShonoA3RpNe8NeE1b5taBaIHER_sE

Gaspare Piazza, l’ultimo partigiano della Provincia di Caltanissetta.

Con i suoi 102 anni che compirà il prossimo mese di luglio è senza tema di smentita uno dei più anziani partigiani non solo della provincia di Caltanissetta, ma anche della Sicilia e, forse, anche d’Italia. Sicuramente il prossimo 10 luglio sarà una data importante non solo per Gaspare Piazza che compirà 102 anni, ma anche per l’Anpi di Serradifalco e Montedoro e per l’amministrazione comunale che festeggeranno il suo ragguardevole traguardo in termini di età e una storia incredibile che i suoi stessi familiari hanno scoperto solo il 25 aprile di 6 anni fa.

In quell’occasione Gaspare era seduto a tavola con i suoi figli e nipoti e si apprestava a pranzare quando in tv apparvero le immagini storiche del 25 aprile del 1945. Una leggera emozione colse l’anziano che, ad un certo punto, decise di svelare quel segreto che si era portato dentro per almeno 75 anni: anche lui era stato un partigiano, anche lui aveva combattuto per la libertà, anche lui aveva dato il proprio contributo alla lotta contro il nazi fascismo. Estrasse dal suo portafoglio alcune vecchie foto e una tessera. Le vecchie foto raffiguravano alcuni partigiani, tra cui lui, che stavano onorando alcuni loro compagni morti nel corso dei duri scontri contro i nazi fascisti.

La tessera, invece, era quella di appartenenza alla seconda brigata della Divisione Monferrato che allora operava in Piemonte e che ebbe uno dei suoi leader più prestigiosi nel futuro presidente dell’Eni Enrico Mattei. Gaspare Piazza, classe 1921, era partito per la guerra con il Regio Esercito, ma l’8 settembre del 1943, lui come tanti altri soldati, si trovarono di fronte a difficili scelte: aderire alla Rsi e al nazi fascismo, aderire alla Resistenza o provare a tornare a casa. Il soldato Gaspare Piazza, inizialmente, assieme ad un suo compagno meridionale, decise di indossare abiti civili e di tentare il ritorno in Sicilia, ma si rese presto conto che la sua non era un’impresa propriamente semplice. In quel lontano 1943, il Piemonte era un’autentica polveriera. La svolta per lui si ebbe quando riuscì a trovare rifugio e accoglienza presso una famiglia piemontese che possedeva una risaia nel vercellese. Qui venne accolto con ammirevole affetto dai componenti di quella famiglia che portava avanti, in gran segreto, la causa partigiana. Fu allora che Gaspare imparò ad apprezzare quei giovani che mettevano a rischio la loro vita pur di combattere il nemico nazi fascista. Fu così che prese la decisione di entrare nella Resistenza. Lo fece dapprima con piccole azioni di guerriglia, ma poi venne inquadrato nella seconda Divisione Monferrato con il Corpo volontari per la libertà, numero di tessera 1746 e nome di battaglia “Turiddru”.

Piazza combatté contro repubblichini e nazisti più e più volte a rischio e a sprezzo della propria vita. Gaspare non ha mai voluto parlare di quelle lotte, di quelle operazioni audaci, di quei momenti nei quali aveva rischiato la vita più e più volte. Nel momento in cui è tornato nella sua Sicilia non ha parlato più con nessuno di quelle vicende storiche. Si è sposato, ha avuto tre figli (Dino, Melina e Carmela), e a Serradifalco prima ha lavorato come agricoltore e poi è stato assunto in miniera dove ha lavorato sino all’età della pensione. Una vita come tante, se non fosse per quel suo passato di partigiano. Per altro, nel momento in cui la sua storia, per il prezioso tramite del presidente del consiglio Daniele Territo, è riemersa, il giornalista e storico Carmelo Locurto, attraverso ricerche, è riuscito a scoprire che, alla fine della seconda guerra mondiale, a Gaspare Piazza fu conferita la qualifica di “Benemerito” della Resistenza. Fu riconosciuto partigiano dal 4 aprile 1945 al 7 giugno 1945. Prima del 9 settembre 1943 era stato autocentro nel Regio Esercito. Né Gaspare Piazza né i suoi familiari avevano mai saputo di questa qualifica di “Benemerito della Resistenza” che, per altro, concessa dall’allora Ministero dell’Assistenza Post Bellica su input della Commissione regionale piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane che gli attribuì la qualifica di “Benemerito” della Resistenza. Un titolo di merito che Gaspare avrebbe potuto utilizzare per essere assunto nella pubblica amministrazione o anche per avere piccole entrate economiche. Lui, tuttavia, di questa benemerenza per la quale c’era anche chi faceva carte false per averla, non ne ha saputo niente così come i suoi familiari che ne hanno ricevuta una copia dallo stesso Carmelo Locurto. Il giornalista e storico serradifalchese, nel prossimo mese di luglio, grazie all’Anpi di Serradifalco e Montedoro, di cui è presidente Salvatore Augello, pubblicherà il primo quaderno culturale dell’Anpi dedicato proprio alla storia di Gaspare Piazza, nome di battaglia Turiddru, che, “con proprio rischio, svolse rilevante attività nella lotta di Liberazione”.

Gaspare Piazza è stato uno dei 34 benemeriti della Resistenza riconosciuti in Piemonte dopo la 2^ guerra mondiale; mentre patrioti ne furono riconosciuti 38. I partigiani della Provincia di Caltanissetta operanti in Piemonte tra il 1943 e il 1945 furono 93, tra cui 12 caduti, 3 feriti, 2 invalidi e un mutilato. A Serradifalco furono diversi i partigiani che operarono contro il nazi fascismo. Tra questi Leonardo Speziale, al quale è stata intitolata di recente la sezione Anpi di Serradifalco e Montedoro. Attivo nell’Unione Popolare Italiana in Francia, entrò nella Resistenza francese, arrestato, riuscì a fuggire e divenendo commissario politico della 122^ Divisione Garibaldi. Un altro partigiano serradifalchese operante nella Resistenza francese fu Calogero Palumbo, poi catturato dai tedeschi e deportato dapprima a Dachau e poi a Hersbruck dove morì nel gennaio del 1945. Altri eroi che hanno lottato contro il nazi fascismo sono stati Sebastiano Famulari, partigiano combattente in Liguria nelle province di Savona e Imperia nella 4^ Brigata “Valbormida – Antonio Giuliani” Divisione Autonoma “Eugenio Fumagalli” con il nome di battaglia “Nich”; Pietro Polizzi, maggiore dell’Esercito, partigiano a Roma con la Banda Riccio; Pietro Campanella, ferroviere, maresciallo dell’Esercito, partigiano in Piemonte con la formazione Operti, nome di battaglia “ Franchini Piero”; Antonio Lombardo, sergente Aeronautica, partigiano in Piemonte con nome di battaglia “Gino”; Angelo Morreale, partigiano in Piemonte, nome di battaglia “Elena” e infine Telesforo Valenti caporale Esercito, partigiano in Piemonte, nome di battaglia “Gianni”.

di Carmelo Locurto

IL ROVESCIO DELLA NAZIONE. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno a Palermo

Martedi 13 giugno verrà presentato a Palermo presso il Circolo Arci Porco Rosso in Piazza Casa Professa 1, il libro IL ROVESCIO DELLA NAZIONE. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno di Carmine Conelli.

“Questo libro non racconta nessuna verità nascosta sulla storia dell’unificazione. Non offre nessuna narrazione consolatoria sulla rapina e sul saccheggio del sud Italia. È un viaggio che prevede di abbandonare l’idea del sud Italia come “questione nazionale” per proiettarlo – e proiettarsi – in una mappa globale. Su questa mappa riconosciamo un nord globale che pensa “settentrionalmente” al sud come non-ancora-nord, come a un luogo di mancanze e assenze, e vediamo emergere il sud Italia non dalla storia degli stati nazione ma dai perduranti effetti del colonialismo europeo.”

Il rovescio della nazione. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno”, uscito per Tamu edizioni nel gennaio 2023, aggiorna gli strumenti oggi a disposizione per leggere la questione meridionale, liberandola dal recinto di irrisolvibile “problema” locale. Le voci d’archivio del Risorgimento e della guerra ai briganti mostrano che l’idea di un Meridione barbaro e arretrato ha le sue radici nella storia del colonialismo europeo e nel suo repertorio di rappresentazioni. In questo intreccio pieno di sfumature troviamo un antidoto alle torsioni identitarie che segnano i nostri giorni a ogni latitudine, e impariamo a scorgere la possibilità che sia il sud stesso a narrare la propria storia.

Ne discuteranno il 13 giugno alle 18, presso il nostro circolo a Piazza Casa Professa 1, insieme all’autore, membr* del collettivo del Porco Rosso e dell’associazione Booq che ha contribuito all’organizzazione, insieme a tutte le persone presenti.

L’AUTORE

Carmine Conelli è nato a Napoli nel 1987. Fa parte del collettivo editoriale di Tamu Edizioni, che ha contribuito a fondare. Dopo aver conseguito un dottorato in Studi internazionali all’Università L’Orientale di Napoli con una ricerca nell’ambito degli studi culturali e postcoloniali, si è dato alla fuga dal mondo accademico. È co-curatore del volume Genealogie della modernità. Teoria radicale e critica postcoloniale, Meltemi.

Palazzolo Acreide, sobria cerimonia per la festa della Repubblica. Medaglia d’oro a Giuseppe Messina, internato in un lager nazista

Una sobria cerimonia per onorare la festa della Repubblica, si è svolta a Palazzolo. Dopo la festa provinciale con il Prefetto, l’ amministrazione palazzolese con i neo consiglieri e con il sindaco Gallo e l’assessore al turismo Aiello, hanno voluto deporre una corona ai caduti, nella lapide di piazza del popolo. Hanno partecipato i carabinieri della stazione, la polizia locale e i gruppi di volontari.

Da segnalare anche che Giuseppe Messina, cittadino palazzolese nato l’11 luglio 1909 e deportato in un lager nazista durante il secondo conflitto mondiale, è stato insignito della Medaglia d’Onore durante le celebrazioni della Festa della Repubblica. A Lentini, dove quest’anno si sono svolte le celebrazioni, era presente la famiglia su invito della Prefettura di Siracusa: un modo per onorarne la memoria. Hanno ritirato la medaglia le figlie Paola e Maria Assunta.

Giuseppe Messina, contadino, nel 1943 venne richiamato alle armi per partecipare alle operazioni di guerra nei Balcani, lasciando la moglie Angela e la loro piccola figlia Paola. Con una lettera della Croce Rossa la moglie veniva avvisata che il soldato Messina era stato catturato dai tedeschi condotto in Germania e internato nel lager nazista “Stalag III A” a Luckenwalde il 9 novembre 1943. Il numero di matricola assegnatoli, di cui conservano la targhetta metallica, era III c 34431. Nel campo di prigionia tedesco venne destinato al lavoro coatto per l’economia di guerra, ricordava che il rancio giornaliero era sempre e solo a base di patate. Venne rilasciato il 31 marzo 1945 e, rientrato in Italia, riuscì a fare ritorno a Palazzolo nell’ottobre del 1945. Al suo rientro nacque la seconda figlia Maria Assunta.

Rita Atria. La picciridda dell’antimafia

L’Associazione Antimafie Rita Atria ringrazia la trasmissione “Chi l’ha visto?” per essersi occupata del caso della giovane testimone di giustizia Rita Atria deceduta in viale Amelia 23 a Roma, in circostanze ancora non chiarite del tutto, una settimana dopo l’uccisione del Giudice Paolo Borsellino.

In particolare, vogliamo ringraziare le giornaliste Federica Sciarelli e Chiara Cazzaniga che hanno voluto approfondire e parlare, con grande professionalità, dei tanti interrogativi emersi nel libro-inchiesta “Io sono Rita. Rita Atria: la settimana vittima di Via D’Amelio” (di cui sono autrici Giovanna Cucè, giornalista del TG1, Nadia Furnari, Vice Presidente dell’Associazione Antimafie “Rita Atria” e Graziella Proto direttora de LeSiciliane), nel quale si ricostruisce, anche con documenti inediti, tutto quello che in trent’anni non è mai stato cercato, chiesto, investigato, scritto, interrogativi che sono poi confluiti in un esposto per la riapertura delle indagini presentato al Procuratore della Procura di Roma tramite l’Avvocato Goffredo D’Antona del foro di Catania che rappresenta noi e la sorella, Anna Maria Atria.

Il servizio andato in onda nella serata del 31 maggio è stato per noi uno degli esempi, ormai rari nel panorama italiano, del giornalismo etico, coraggioso e antimafioso di cui parlava Giuseppe FavaLa verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà!”.

Ora speriamo che l’appello lanciato in trasmissione di far emergere ogni possibile informazione sul periodo romano di Rita Atria abbia dei riscontri positivi.

Direttivo nazionale

Associazione Antimafie Rita Atria

Chi era Rita Atria?

Figlia del boss mafioso Vito Atria, ucciso il 18 novembre 1985 a Partanna per un regolamento di conti, Rita decise di collaborare con la giustizia seguendo l’esempio della giovane cognata Piera Aiello. Viene quindi isolata nel paese, poiché per molti – e per la sua stessa famiglia – è un disonore mantenere legami con chi ha rotto il muro dell’omertà.

Morti il padre e il fratello, rifiutata dalla madre e dalla sorella, lasciata dal fidanzato Calogero, Rita nel novembre 1991 incontrò il magistrato Paolo Borsellino (all’epoca Procuratore a Marsala), a cui si legò come a un secondo padre. Le rivelazioni di Rita e di sua cognata Piera permisero l’arresto di svariati appartenenti alle cosche di Partanna, Sciacca e Marsala. Per questo fu costretta a trasferirsi a Roma, in località segreta e sotto falso nome, e a vivere una vita completamente isolata dal resto del mondo.

“Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia – scriveva Rita – che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo”.

La morte di Borsellino nella strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992 segnò definitivamente la sua vita. Rita decise di togliersi la vita per il dolore: il 26 luglio 1992 si lanciò dal settimo piano di un palazzo in viale Amelia 23, a Roma. Lasciò scritto sul suo diario: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.